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  • Immagine del redattorePaolo Mirri

L'esplorazione dei sogni nella psicoterapia Cognitivista

Aggiornamento: 2 ago 2021

“Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d'un sogno è racchiusa la nostra breve vita.” - W. Shakespeare


Nel nostro contesto culturale siamo portati, tradizionalmente, a pensare che vi sia un rapporto di mutuo scambio tra sogni e psiche. Ovvero che il sogno abbia effettivamente a che fare con la psiche umana, ma lo percepiamo un po’ come qualcosa di esterno, con il quale dialogare all’occorrenza.

Voglio aprire questo articolo così, con la frase di Shakespeare, proprio perché attribuisce al sogno una forte connotazione identitaria. Infatti il sogno per la scienza Cognitiva è un fatto della psiche come gli altri e noi psicoterapeuti non ci rapportiamo con i sogni come se fossero un qualcosa di esterno dalla psiche, ma li vediamo come una dimensione in continuità con la veglia.

Shakespeare infatti ci fa riflettere non solo sulla natura del sogno, come profondamente calato nella vita della persona, ma parlando di spazio e tempo ci può dare uno spunto per riflettere sull’applicazione clinica del lavoro sui sogni. In questo articolo infatti parleremo proprio di quest’ultimo punto, ovvero del rapporto fra psicoterapia e sogni e della sua utilità.


I sogni nel Cognitivismo


Come spesso faccio voglio iniziare con una premessa: nella Psicoterapia Cognitivo Comportamentale il lavoro sui sogni è un qualcosa di molto poco usato. Spesso i Cognitivisti, nel nostro ambiente, lo guardano con sospetto o, più spesso, con ben poco interesse. Quindi mentre nella Psicodinamica questo tipo di approccio al sogno è ben conosciuto e spesso applicato, nella mia corrente si tende ad allontanarlo, quasi come se il sogno non fosse parte integrante della vita psichica dell’individuo. Come se avesse ben poco da dare o fosse solo il frutto di una mera attivazione organica.


In realtà noi sogniamo per circa 1/3 della nostra vita, abbiamo dei modelli psicologici Cognitivisti del sogno (in questo articolo e nel mio lavoro di psicoterapeuta prendo spunto da Rezzonico & Liccione, 2005 e da Bara, 2012) e nella mia corrente utilizziamo il sogno (oltre che il sintomo psicologico) come porta d’entrata per inoltrarci nel mondo emotivo del paziente. Se vuoi sapere qualcosa di più del sogno in quanto tale leggi questo articolo, qui ti dico solo che al contrario della Psicodinamica, che concepisce il sogno come un fatto inconscio, noi Cognitivisti lo concepiamo come una sorta di esaltazione della consapevolezza. Infatti il sognatore in un momento di obnubilamento dei sensi, nella sua psiche vive coscientemente in un mondo di fantasie, simboli e metafore al quale poi donerà una trama ed un senso.


L’applicazione clinica


La tecnica di esplorazione del sogno è abbastanza complessa e chiaramente non la affronterò nei dettagli, ma parleremo invece dell’esperienza riguardo l’esplorazione onirica in terapia e della sua utilità. Nota che ho parlato di “esplorazione” piuttosto che di “interpretazione” proprio perché nell’applicazione clinica il terapeuta con le sue domande resta aderente al suo ruolo di tecnico e dovrà spingere il paziente stesso ad esplorarsi ed a interpretarsi. L’interpretazione quindi avverrà da parte del paziente, o al massimo vi sarà una co-interpretazione di paziente e terapeuta nella quale comunque il ruolo di “esperto del sogno” lo rivestirà il paziente.


Una seduta di psicoterapia con la narrazione di un sogno può essere più o meno strutturata, ma possiamo dire che, tendenzialmente, si vive un po’ la sensazione di calarsi in una specie di fiaba. Mentre la seduta “normale” tratta generalmente di vita quotidiana o passata, la seduta con l’esplorazione onirica riporta il paziente ad esplorare il sogno un po’ più nel dettaglio e a narrarlo come se raccontasse una fiaba. Nell’esperienza di esplorazione del sogno il paziente potrà ricollegare un proprio significato personale, ovvero degli elementi costitutivi della propria identità, alla trama del sogno e li esplorerà con una maggiore facilità.


Sempre nella frase di Shakespeare è molto interessante l’aspetto dello spazio e del tempo. Nel sogno sognato, ovvero quando siamo calati nella realtà onirica noi abbiamo una percezione dello spazio-tempo diversa da quella della veglia. Questa specie di alterazione spaziotemporale costituisce le mura portanti di un teatro notturno entro il quale sperimentiamo le emozioni più coinvolgenti che abbiamo vissuto durante la veglia. Questi vissuti sono rappresentati attraverso tutto un sistema simbolico molto personale e vengono messi in scena come in una pièce teatrale. Nella psicoterapia Cognitivista sfruttiamo la trama del sogno, le varie scene, le sue maschere, quasi come se fossero quelle di un film o di una storia, per ricollegarle a cosa sta vivendo il paziente nella sua quotidianità. Le ricolleghiamo quindi, da un certo punto di vista, a cosa lo ha portato in psicoterapia.


A cosa può essere utile tutto ciò?


Cercherò di esprimere molto sinteticamente alcuni concetti di base su come si articola un sintomo psicologico e di conseguenza potremo capire il senso di un lavoro sul sogno. Procedendo nella lettura di queste poche righe potrai comunque comprendere come questo lavoro possa essere utile in una problematica esistenziale, anche in relativa assenza di sintomo.

La persona soffre di una sintomatologia psichica quando non riesce a monitorare, quindi a riconoscere e nominare a sé stesso ed a gli altri, le proprie emozioni in determinate situazioni. Non riesce quindi a ricollegarle ad un determinato contesto relazionale e ne vive gli aspetti più concreti (quelli fisici o mentali in genere, ovvero quelli che trovi nei manuali di psichiatria) come se fossero cose che non gli appartengono. Le emozioni emergono in relazione ai nostri bisogni più intimi e nelle relazioni significative possiedono quindi una funzione regolatrice sulla relazione stessa (Dimaggio G.& Semerari A.,2007).


In questa prospettiva quindi un’esplorazione del sogno equivale ad una seduta di psicoterapia, ma con la differenza che la persona nel teatro notturno esprime con meno filtri ed in modo più accessibile e simbolico ciò che prova.

Una maggior riconoscimento di ciò che si prova porta ad un maggior senso di coerenza personale e successivamente a fare il punto della situazione con sé stessi e con gli altri su come si possa reciprocamente negoziare sui propri bisogni.


 

BIBLIOGRAFIA


Rezzonico, G.; Liccione, D. (2005) Sogni e psicoterapia. ,Bollati Boringhieri.


Bara, B. (2012) Dimmi come sogni. Mondadori


Dimaggio G., Semerari A. (2007) I disturbi di personalità. Modelli e trattamento. Stati mentali, metarappresentazione, cicli interpersonali. Laterza.


 

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