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  • Immagine del redattorePaolo Mirri

La psicoterapia cognitivo comportamentale è scientificamente supportata, ti spiego cos'è.

Aggiornamento: 8 mar 2022

Quando senti parlare di psicoterapia cognitivo comportamentale ti ritrovi davanti a un mondo. In questo articolo ti parlerò molto sinteticamente di quali sono i filoni principali di questa corrente. Ovvero qual è il mio approccio preferenziale nei miei studi a Livorno e a Piombino.


Partiamo dal nome: cosa vuol dire psicoterapia cognitivo comportamentale?


Vuol dire cura della psiche in ottica cognitiva e del comportamento. Dove per cognitivo (dal latino cognĭtus, p. pass. di cognoscĕre) si intende l’attività conoscitiva, di esplorazione dell’essere umano verso sé stesso e verso il mondo.


E’ molto bello detto così, vero?


Ti dico anche che in questo dominio cognitivo, o conoscitivo, sono contemplati i pensieri, quindi i giudizi che la persona si formula verso di sé e verso ciò che lo circonda e le emozioni ovvero le spinte interne che guidano la persona verso i propri bisogni. Diciamo che quantomeno questi due aspetti possono essere annoverati nel dominio “cognitivo”.

Io, che appartengo in parte a una prospettiva che potremmo definire “meta-cognitiva”, inserirei nel dominio cognitivo anche la metacognizione. Ovvero la capacità dell’uomo di riflettere sul proprio stato interno e di captarlo nell’altro (quindi di trovare modi sempre più raffinati per entrarci in reciprocità) ed il comportamento stesso, attraverso il quale esploriamo il mondo e viviamo emozioni nuove.


Vediamo nei prossimi paragrafi i tre filoni principali di questa gigantesca corrente psicoterapeutica.



Il Comportamentismo


Questa è la corrente che per molti Cognitivisti è stata un po’ la madre, sicuramente è quella antecedente, quella che ha fatto la storia. Sviluppato dal pioniere di inizio novecento John Watson (1914), ha un approccio estremamente scientifico e pragmatico.


L’assunto di base della corrente è che siccome non si può sapere, per ovvie ragioni, cosa pensa o cosa prova una persona. L’unica possibilità di analisi scientifica che si può trovare è focalizzandosi sul comportamento esplicito della persona.


Quando dico che il comportamentismo ha fatto la storia, mi riferisco non tanto alla base teorica quanto a quella tecnica. Le tecniche di modellamento del comportamento sono state a lungo applicate in psicoterapia e tuttora sono ritenute particolarmente efficaci.


Tecnicamente un comportamentista ritiene che sia attraverso l’esposizione alle situazioni problematiche e l’attivazione di comportamenti alternativi che la persona possa poi modificare l’intensità delle sue emozioni più perturbanti.


Il Cognitivismo Standard


Se una persona ha un sintomo questo è smosso da delle credenze su di sé e sul mondo che sono distorte ed erronee. La psicoterapia razionalista ha tra i suoi principali esponenti Aaron T. Beck (1976) ed Albert Ellis (1962).


Il postulato di base di questa corrente è che noi umani abbiamo un nucleo di credenze profonde attraverso le quali noi interpretiamo il mondo e noi stessi, quindi tutti i comportamenti e le emozioni che proviamo, sono conseguenti a questi giudizi che ci formuliamo sulle cose e che sono ben radicati nella nostra personalità.


Se una persona ha un sintomo questo è smosso da delle credenze su di sé e sul mondo che sono distorte ed erronee. La psicoterapia va a correggere queste idee distorte, impostando tutta una serie di dialoghi che potremmo definire in molti casi “maieutici”. Un aspetto classico di questa corrente sono le tecniche cognitive, particolarmente efficaci per monitorare il proprio stato mentale.


Il Cognitivismo Costruttivista


Corrente molto variegata, che si è strutturata un po’ in tutto il novecento, in Italia la corrente costruttivista più importante è il Post-Razionalismo (Guidano,V; 1987). A volte il Costruttivismo si trova un po’ in contrapposizione alle altre due correnti sopracitate. In effetti, mentre le altre due correnti si ritrovano a correggere comportamenti o pensieri, nel Costruttivismo si fa quasi il contrario: si cerca continuamente coerenza.


Il sintomo, per quanto strano, spaventoso, doloroso, non viene visto come frutto di una distorsione del pensiero, al contrario viene considerato come lo specchio di bisogni non altrimenti espressi dalla persona. Il lavoro principale sarà quindi sui bisogni e sulle emozioni.


Il questa terapia il paziente viene posto nelle condizioni il paziente di sapersi esplorare al fine che tutte quelle esperienze, quegli stati d’animo disturbanti nei quali lui non si riconosce lui possa finalmente ricondurli ad un proprio modo di essere, ed avere quindi una sensazione potremmo dire di “unitarietà”. Lo psicoterapeuta in questo rapporto vestirà il ruolo del tecnico, il paziente dello scienziato di Sé stesso (Kelly, G;1963).


Personalmente sono partito a praticare psicoterapia cognitivo comportamentale proprio con quest’ultimo approccio e nella concettualizzazione (ovvero capire perché il paziente sta in quel modo) del caso posso dire di essere radicalmente Costruttivista Post-Razionalista. Per come porto avanti la terapia devo dire che sono flessibile, mantengo un profilo Costruttivista ma al contempo mi avvalgo all’occorrenza di strumenti, ed eventualmente strategie, appartenenti anche alle altre due correnti. Credo vivamente che, al di là della “purezza” di un intervento, sia importante che questo calzi sull’individuo che si ha davanti.



 

BIBLIOGRAFIA


Aaron T Beck, Principi di terapia cognitiva. Un approccio nuovo alla cura dei disturbi affettivi, Roma: Astrolabio, 1984 ed orig 1976


Ellis, A. (1962), Ragione ed emozione in psicoterapia. Astrolabio, Roma 1989


George A. Kelly, A Theory of Personality, The Psychology of Personal Constructs, Norton, New York, 1963.


Guidano, V.F. (1987). Complexity of the Self, Guilford, New York (Trad. It.: "La complessità del Sé", Bollati Boringhieri, Torino, 1988).


John Watson, Behavior: an Introduction to Comparative Psychology, 1914


 

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