Soffrire di solitudine spesso è un tema che emerge nelle psicoterapie. Talora è anche il problema attraverso il quale si presenta il paziente.
In questo articolo vediamo come si può declinare questo fenomeno in persone diverse, tenendo chiaramente presente che non potrò minimamente offrire un quadro esaustivo. Questo si trova nell’intimità di ciascuno di noi. Offrirò poi qualche accenno di come viene generalmente affrontato questo tema in psicoterapia Costruttivista.
Partiamo da una definizione: cos’è la solitudine?
Nel pensiero comune in genere si associa ad una condizione di isolamento fisico. Però se andiamo ad appoggiarci ad una definizione enciclopedica del termine allora il significato si fa leggermente più complesso. Infatti, secondo la Treccani il termine indica da un lato “condizione di chi vive solo, dal punto di vista materiale” e quindi si pone l’enfasi sulla condizione fisica.
Accanto a questo però viene posta l’enfasi su una dimensione molto più esistenziale di questa condizione: “..affettivo e sim.: vivere in s., nella più nera s.; trascorrere la vecchiaia in s.; sentire il peso, o la tristezza, della propria solitudine”.
In questa precisazione possiamo intravedere il fatto che la solitudine può essere anche una condizione puramente affettiva. Non necessariamente dipendente da chi abbiamo intorno in un determinato momento.
Come viene definita la solitudine in psicologia?
In psicologia infatti la solitudine è un sentimento prima che una condizione di isolamento fisico.
Possiamo definirla, in termini un po’ Lacaniani, come il senso di mancanza di “Altro” da Sé. Dove “Altro” non è necessariamente una persona fisica, ma è tutto ciò che viene percepito come al di fuori dalla nostra individualità.
Chiaramente per sentire la mancanza di qualcosa dobbiamo necessariamente caricarla di significato, quindi esserci in qualche modo intimamente legati.
Perdita e allontanamento
A questo dobbiamo aggiungere un aspetto. Il fatto di soffrire di solitudine emerge sì dalla mancanza dell’Altro, ma questo senso di mancanza può essere declinato secondo vari aspetti.
Possiamo definire che ci possono essere circa due interpretazioni di questa mancanza: una è la perdita e l’altra è l’allontanamento.
Nella perdita l’Altro ci viene portato via.
Quindi è più che altro vissuta come un qualcosa di definitivo. La persona quindi per riuscire a stabilizzarsi sulle sue emozioni inerenti alla perdita dovrà concentrarsi su sé stessa. Dovrà quindi vivere queste tristi emozioni e ricostruire un dialogo interno con l’Altro che ha perso.
La solitudine da allontanamento invece spesso viene vissuta con un senso di allarme o di ansia.
L’allontanamento è un’esperienza emotiva che lascia intravedere una solitudine preoccupante. Il rapporto con l’Altro è instabile, quindi si allontana, si avvicina, viene percepito come pericolante, sempre a rischio di rottura. L’Altro in questo caso non viene realmente perso, la perdita è immaginata ed oggetto di paura.
Questo per via del tipo di rapporto che pensiamo di avere con l’Altro e quindi per il significato che diamo a noi stessi e all’Altro. In questo caso la persona per elaborare questi vissuti sarà maggiormente portata a lavorare su una maggiore definizione di sé stessa per essere un po’ meno dipendente da ciò che ha paura che possa sfuggire.
Soffrire di solitudine: come affrontarla con la psicoterapia Costruttivista
In psicoterapia Costruttivista questo tipo di lavoro presuppone che prima col paziente si sviluppi una buona capacità di introspezione. Sapersi leggere dentro ed il saper nominare correttamente i propri vissuti emotivi.
Molto in generale posso dire che questo lavoro si concretizza nell’analisi delle relazioni significative. Andare a sviscerare col paziente cosa gli succede nella quotidianità e/o cosa gli è successo nel passato. Fargli quindi rivivere in un contesto sicuro quei vissuti che ha difficoltà ad elaborare nella sua condizione, e riuscire a dargli un significato mano a mano emotivamente meno doloroso.
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